Nuova prospettiva studiando il cervello che apprende la sede di pericoli

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 27 gennaio 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nella ricerca non è raro che lo studio focalizzato su un obiettivo particolare apra, a sorpresa, una finestra su un orizzonte concettuale molto più ampio, suggerendo nuove direzioni e possibilità di conoscenza. Anche se nelle neuroscienze si sono registrati in proposito casi di straordinario rilievo – basti  pensare alla scoperta della neurogenesi nel cervello dei vertebrati adulti studiando il canto degli uccelli – la routine degli anni più recenti non ha presentato episodi significativi in cui sia emersa una tale evenienza con chiara evidenza. Per questa ragione, forse, nel seguire gli sviluppi del lavoro sperimentale mediante la quotidiana lettura di pubblicazioni ed anticipazioni, chi scrive tende ad acuire l’attenzione per individuare lavori che presentino, sia pure in una dimensione limitata, la caratteristica di risultati che vadano oltre la semplice risposta al quesito sperimentale.

È questo il caso di uno studio condotto da Benjamin Suarez-Jimenez e colleghi che, studiando i processi di apprendimento che permettono di localizzare spazialmente la sede di esperienze negative, sono giunti a trovare risultati che suggeriscono un nuovo modo per indagare le basi fisiopatologiche di disturbi psichici comuni e invalidanti.

Il lavoro fa parte del filone di ricerca che indaga un aspetto importante dell’adattamento animale – e, in questo caso, umano – all’ambiente, consistente nel riconoscimento di fonti di minaccia per l’integrità dell’organismo e nella loro precisa localizzazione spaziale, al fine di evitarle. Circa le basi neurali dei processi di apprendimento complementari ma necessari per l’espressione di queste abilità nella nostra specie, si dispone di pochissimi elementi di conoscenza. Suarez-Jimenez e colleghi hanno delineato le attività neurali che entrano in gioco quando le persone apprendono, in un ambiente virtuale, l’importante associazione fra localizzazione spaziale e valore negativo (pericolo, minaccia).

La corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC, da ventromedial prefrontal cortex), l’ippocampo anteriore e l’amigdala formano una rete che supporta tale apprendimento. L’attività della parte dorsale del segmento anteriore del giro del cingolo (dACC, da dorsal anterior cingulate) e dell’insula, riflette la valutazione cognitiva del pericolo incombente e la risposta viscerale a questo stato di consapevolezza.

Gli incontri con pericoli imminenti, è emerso dallo studio, reclutano il grigio periacqueduttale, con l’avvio del comportamento difensivo. Il dettaglio degli elementi rilevati, evidenzia come reti di strutture cerebrali distribuite interagiscano per supportare processi distinti, attivi durante l’apprendimento.

(Benjamin Suarez-Jimenez et al., Linked networks for learning and expressing location-specific threat. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1714691115, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Institute of Cognitive Neuroscience, Institute of Neurology, Department of Clinical Psychology, Wellcome Centre for Human Neuroimaging, University College London, London (Regno Unito); Section of Developmental Affective Neuroscience, National Institute of Mental Health (NIMH), Bethesda, MD (USA); Department of Psychology, University of York, York (Regno Unito).

Conoscere, e dunque apprendere per riconoscere, la sede di fonti di pericolo presenti nel nostro ambiente è una necessità adattativa di vitale importanza, della quale si studiano le basi neurali. Gli autori dello studio qui recensito hanno allestito un esperimento impiegando uno spazio di realtà virtuale, nel quale i volontari partecipanti alla prova, mentre il loro cervello era sottoposto ad osservazione mediante risonanza magnetica nucleare funzionale (fMRI), vedevano spuntare dei fiori da cogliere lungo il percorso che compivano. Le rappresentazioni floreali, che dovevano essere “colte” con un movimento della mano, erano disposte nella metà dei casi in luoghi che rappresentavano zone sicure e, nell’altra metà, nelle sedi del pericolo costituito da una scarica elettrica al polso, di intensità dolorifica paragonabile alla puntura di un’ape. Lo studio della risposta emotiva, soprattutto quella appresa per associazione condizionata con il piccolo shock elettrico, è stato effettuato mediante rilevazione continua delle variazioni di conduttanza cutanea.

L’esperimento è stato concepito con schematica linearità: i fiori disposti nelle sedi sicure non erano mai seguiti dalla scarica elettrica; al contrario, quelli segnalanti il pericolo, lo erano sempre; rappresentazioni di oggetti domestici sono state poste a contrassegnare aree neutre, per facilitare i processi associativi e discriminativi della memoria spaziale.

L’apprendimento da parte dei partecipanti era rivelato dalla frequenza dello stato di attesa della sensazione spiacevole di puntura e dall’aumento della conduttanza cutanea alla vista dei fiori nelle localizzazioni pericolose. Gli schemi di configurazione dell’attività cerebrale presentavano transizioni corrispondenti alla rete più attiva in ciascuna fase dell’esperienza sperimentale.

L’apprendimento relativo ai pericoli ambientali, durante l’avvicinarsi ai fiori in ciascuna zona, impegnava l’ippocampo anteriore, l’amigdala e la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC), con una connettività funzionale tra ippocampo e vmPFC crescente col progredire dell’esperienza. La stima della minaccia, durante l’approccio alle zone di pericolo, impegnava la regione dell’insula e la parte dorsale della corteccia cingolata anteriore (dACC), con evidente connettività funzionale fra insula ed ippocampo. A questo pattern, durante l’imminenza della piccola scarica, cioè dopo aver toccato il fiore di una zona pericolosa, si aggiungeva l’attività nel grigio periacqueduttale (PAG), l’accoppiamento insula-dACC, e l’attività dell’ippocampo posteriore, crescente con l’esperienza.

Questi interessanti rilievi morfo-funzionali sono così interpretati da Suarez-Jimenez e colleghi: 1) rappresentazioni multiple del contesto spaziale: ippocampo anteriore; 2) localizzazioni specifiche: ippocampo posteriore; 3) stimoli: amigdala; 4) valore: vmPFC; 5) pericolo: insula (viscerale), dACC (cognitivo); 6) comportamenti difensivi: PAG. Queste localizzazioni di specializzazioni funzionali interagiscono secondo combinazioni diverse, ciascuna appropriata allo stato mentale corrispondente alla fase dell’esperienza. Tali patterns funzionali sembrano costituire la base neurofisiologica rilevabile alla fMRI dell’apprendimento di pericoli associati a precise sedi spaziali in un ambiente virtuale.

Osservando l’espressione funzionale delle reti nelle varie fasi dell’esperienza, i ricercatori ne hanno immaginato l’attività perturbata nei disturbi d’ansia. Piccole alterazioni possono causare generalizzazioni di risposta non giustificate dalla realtà ambientale (overgeneralization), così da determinare l’entrata in funzione dello schema di paura per la minaccia per stimoli neutri, o causare un marcato stato di allerta, ossia di vigilanza ansiosa, senza una ragione ambientale attuale, come accade in molti disturbi da stress, spesso associati a sintomi depressivi. In altri termini, lo studio delle variazioni di questi ed altri patterns funzionali, attivati mediante le condizioni schematiche di compiti sperimentali appositamente definiti e valutati in condizioni normali e patologiche, potrebbe essere un modo da applicare estesamente nella ricerca sui correlati fisiopatologici dei disturbi mentali.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-27 gennaio 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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